Samarcanda NO tu NO - 2010
Km | |||||
Giorno | Data | Tappa | Paesi | parz. | tot. |
7 | mer 04 ago | Kohy - Kaleybar | IR | 398 | 3575 |
una coppia italiana solitaria è arrivata durante la notte.
Il nostro procedere in Iran è regolato da una condizione e da una sottocondizione.
La condizione è che la sera del 21 agosto dobbiamo essere assolutamente a Mashad, in prossimità del confine turkmeno, dove abbiamo una prenotazione presso l'Azadi Hotel; condizione, questa, che fu necessaria per ottenere il visto per l'Iran.
La sottocondizione è che vogliamo utilizzare i giorni che mancano a quella data per visitare quanti più luoghi è possibile, scegliendoli sia tra quelli "rappresentativi" del paese (nell'ordine del nostro procedere, Kandovan, Masuleh, Kashan, Esfahan, Shiraz, Persepoli, Yazd, Mashad), sia attraversando luoghi lontani dalle principali vie di comunicazione, per immergerci nei paesaggi sconfinati e incontaminati e per avere un contatto più vivo e genuino con le popolazioni locali.
Per le ragioni suddette, decidiamo di "spendere" i primi giorni iraniani nella parte settentrionale del paese, in una sorta di zig-zag che ci porti dalla Regione Azerbaijan Ovest (attraversata ieri) alla Regione Azerbaijan Est, costeggiando l'Azerbaijan stato e l'Armenia, quindi ritornando ad ovest verso il Lago Orumiyeh e di nuovo ad est verso le coste del Mar Caspio. Successivamente, il tour sarebbe continuato verso le città "emblema" dell'Iran e, prima di arrivare a Mashad, attraversando il grande deserto salato Dasht-e Kavir, nel mezzo del Plateau iraniano.
Oggi si va dunque ad est, dirigendoci verso Jolfa, al confine azero; prevediamo di arrivare in serata a Tabriz.
Il paesaggio e la strada si fanno subito suggestivi e guidare diventa una goduria allo stato puro. Piu' avanti troviamo anche delle lunghe sterrate, causa rifacimento/costruzione di strade; non aspettavamo altro e ringraziamo! Anche se...
Le caratteristiche delle nostre moto sono sì, quelle tipiche di una enduro stradale, ma il loro "allestimento" è stato deciso dovesse essere, per questo viaggio, tipicamente stradale, e in particolare con gomme non tassellate; sia per la prevalenza dell'asfalto sugli sterrati ma anche per la notevole lunghezza del percorso che, nel caso mio e di Giovanni, sarebbe dovuto essere di quasi 20000 km. Ma io ho commesso l'errore di credere che "viaggio lungo" dovesse significare "bagaglio grande", e non ridotto invece all'essenziale! Così, mentre gli altri tre andavano più spediti e sicuri, io dovevo usare maggiori attenzioni nel procedere su sterrate sdrucciolevoli e sconnesse. Ma finora, comunque, era più il divertimento che i timori.
Arriviamo a Jolfa e finalmente andiamo alla ricerca di un posto dove bere un buon tè caldo-caldo. Come ho già detto, è perfettamente inutile desiderare altro. Troviamo una teeria, frequentata da gente locale che tipicamente si intrattiene conversando, alcuni anche fumando il narghilé. Questo termine indica il contenitore d'acqua profumata, al cui interno si trova una spirale nella quale il fumo (derivato da un mix di tabacco impregnato di melassa, tenuto sotto un foglietto di metallo bucherellato sul quale poggia una brace di carbone) si raffredda prima di essere aspirato dal fumatore attraverso un tubicino flessibile.
Nel locale apprendiamo il modo tradizionale di quei luoghi di inserire una zolletta di zucchero direttamente in bocca per addolcire il tè mentre viene sorseggiato. Scambiamo (?) qualche parola con i locali e facciamo per alzarci e pagare il conto. Niente da fare; anche qui tè offerto dal gestore, anzi, dopo l'invito a risederci ce ne arriva un altro. Che accoglienza!
Riprendiamo il cammino, costeggiando il fiume Aras. Questo fiume nasce in Turchia, nei pressi di Erzurum, e separa l'Iran dall'Armenia e dall'Azerbaijan. Quello che troviamo subito è il confine tra Iran e Nakhchevan, la regione enclavica dell'Azerbaijan, racchiusa tra l'Iran e l'inesorabile Armenia, nemica acerrima e impenetrabile frontiera; per recarsi a Baku e nella rimanente parte del paese gli azeri di questa enclave sono costretti a farlo solo prendendo l'aereo.
Le conseguenze della brutta guerra tra Armenia e Azerbaijan si possono vedere a occhi nudi dalla sponda meridionale dell'Aras, dove ci troviamo noi: sull'altra sponda si possono notare infatti le rovine di alcuni villaggi e la ferrovia in disuso, con i suoi tunnel ormai barricati e, leggerò giorni dopo, ancora minati. Ma noi veniamo attratti dalla bellezza di questi luoghi, dalle rocce aguzze e variopinte tra il bianco e il rossiccio, attraversando canyon e fondovalli; con alcune piccole deviazioni si possono ammirare panorami e villaggi tradizionali dimenticati dall'uomo.
Superiamo il tratto di confine con l'Armenia (zona di transito di Narduz) e ritorniamo a fronteggiare l'Azerbaijan, questa volta quella non enclavica. I posti e la strada sono sempre belli e coinvolgenti. Troviamo finalmente un posto dove prendere un tè... ancora offerto dal gestore. Lasciamo infine il corso dell'Aras per dirigerci a sud verso Kaleybar. L'intenzione è quella di visitare il castello di Babak (eroe nazionale del IX secolo), in cima ad una roccia scoscesa. Ma, arrivati sul luogo, veniamo scoraggiati dalla via di accesso al castello, che prevede una salita a piedi di un paio d'ore, molta parte su scalinata ripida. Il tempo a disposizione non ce lo permette, quindi tiriamo dritto verso Tabriz.
"Tiriamo dritto" forse non è la frase più felice per descrivere l'andirivieni infruttuoso per cercare uno sbocco verso Tabriz per strade interne non asfaltate; le informazioni avute dai locali sono contradditorie e tutte indicano comunque una 50.na di km di sterrato prima di ritrovare l'asfalto... e la sera incombe! Decidiamo così di ritornare indietro a Kaleybar...
Il Kaleybar Grand Hotel non è proprio quello che il nome asserisce; comunque troviamo una camera non male per 4, condividendo un cesso alla turca e un lavandino decente; ma siamo all'ultimo piano di un centro commerciale e dobbiamo portarci tutti i bagagli di sopra, per la mancanza di un riparo per le moto. Tuttavia, a sera inoltrata, potremo parcheggiarle nel parco antistante, avendo nel frattempo conosciuto il gentile custode.
La serata potrebbe definirsi passata in modo gradevole: uno studente universitario locale, che aveva voglia di esercitare il suo inglese, ci fa da cicerone, ci accompagna in un ristorante, dove apprezziamo un'ottima minestra pepata (naturalmente, bissata!) e stiamo ritornando infine a piedi, risalendo uno stradone del paese verso l'hotel... quando Ettore viene investito da un taxista che lo prende alle spalle e lo fa cadere ai miei piedi. Io che ho visto tutto ho avuto la netta impressione che la cosa potesse essere grave; il tassista si ferma e trasporta Ettore all'ospedale, accompagnato da Giovanni.
Passiamo un'oretta con Marzio davanti all'albergo, preoccupati per Ettore e, inutile negarlo, per le sorti dello stesso viaggio. Ma, fortunatamente, Ettore viene dimesso e giunge in albergo dolorante in alcuni punti ma con niente di rotto. Che cu..!
Ci rilassiamo, finalmente, e ci ritiriamo nei nostri... "appartamenti".