Samarcanda NO tu NO - 2010
Km | |||||
Giorno | Data | Tappa | Paesi | parz. | tot. |
12 | lun 09 ago | Quazvin - Quazvin | IR | 271 | 5123 |
Mi alzo presto e mi reco in una di quelle pasticcerie che avevo adocchiato la sera prima. Ma i negozi sono ancora chiusi; devo aspettare poco, però. Mi fiondo dentro e faccio man bassa di un po' di tutto, che porto in albergo per la colazione.
E' doveroso dire che la pasticceria iraniana possiede una incredibile varietà di ottimi shirini (dolci freschi), a mio avviso più ricca di quella nordafricana e con niente da invidiare a quella nostrana: gaz, noghl, colompe, baghlava, naan-nokhodchi... Fate un giretto con Google per saperne di più ma, ovviamente, meglio sarebbe un salto direttamente in Iran.
Ci avviamo con comodo (e moto quasi scarica!) verso la Valle di Alamut. Siamo nel pieno dell'Elburz, una catena montuosa che circonda il mar Caspio meridionale e che qui presenta le sue cime più alte (oltre 4000 m), con il massimo dei 5604 m del Damavand, la cima più alta del Medio Oriente, a 60 km a N-E di Teheran.
La strada è il massimo, dal punto di vista motociclistico. L'asfalto è buono abbastanza da permettere un'andatura "allegra" e, laddove viene sostituito da sterrato (causa lavori in corso), questo non impegna mai eccessivamenmte. Le vedute sono magnifiche: risaie terrazzate e villaggi di case d'altri tempi in una catena di rilievi senza fine.
Arriviamo a Razmiyan, nella Valle di Shahrud (che precede quella di Alamut) e deviamo per alcuni km verso Hir. In queste valli giacciono oltre 50 fortezze diroccate, roccaforti medievali di sètte religiose temutissime; tutte insieme, queste fortezze sono note come Castelli degli Assassini. Ci stiamo dirigendo verso uno dei due rimasti ancora interessanti, il Castello di Lamiasar.
Il sentiero d'accesso al castello non è neanche segnalato; lo intuiamo solo grazie alla lunga scalinata che da esso prende a salire lungo il fianco della montagna. Non c'è nessuno! Giovanni, come al solito, è per lasciare le moto incustodite con sopra le borse serbatoio, giacche e caschi! Francamente, mi sembra sfidare troppo il destino, anche nella civilissima e accogliente Iran. Quindi comuncico che mi sacrifico; lascio a loro il privilegio della scalata e io faccio il "guardiano".
Nell'attesa metto un po' d'ordine nelle mie carte e appunti. Osservo con malumore che finora non ho trovato un solo negozio, chiosco, edicola, shop, niente di niente, in cui reperire una cartolina (dico una!) dei posti in cui siamo stati in questi primi giorni di Iran. Incredibile: avevo persino difficoltà a farmi capire cosa stessi chiedendo e alla fine ricevevo solo facce di chi non ne hai mai usate o viste in circolazione!
Ridiscendono i miei amici e mi dicono che "non ne valeva la pena", non so se per gentilezza nei miei riguardi. Ritorniamo indietro verso Razmiyan, da dove riprendiamo il cammino delle valli. Stavolta procediamo lungo il fondovalle, non meno bello, da percorrere in moto, delle curve e saliscendi di prima. Facciamo rifornimento a Mo'allem Kalayeh e arriviamo al bivio per Hasan Sabbah Castle (alias, Alamut Castle), la cui scalinata di accesso si trova subito dopo il minuscolo villaggio di Gazor Khane, dove pare si coltivino delle ottime ciliege... ma siamo fuori stagione.
Stavolta a salire la scalinata toccherebbe a me ma, dopo aver letto sulla Lonely Planet le caratteristiche della stessa ("Il sentiero di accesso [...] richiede una scarpinata di 25 minuti, ripida e faticosa, passando per una scalinata diretta") e memori della delusione precedente, nessuno dei miei amici se la sente di affiancarmi. Embé, allora... rimango giù anch'io.
Questa volta però la base della scalinata è abbastanza frequentata; vi è, nei pressi, un ruscelletto di acqua fresca ed alcune famiglie vi sostano intorno, aspettando il rinfrescarsi di alcune angurie adagiate nel corso d'acqua. Con una di queste famiglie, composta da gentilissime persone, facciamo amicizia. Il fidanzato di una delle figlie conosce molto bene l'inglese, ma anche con gli altri ci si intende. Ci invitano a mangiare l'anguria con loro (buona!) e scattiamo qualche foto assieme, in pose amichevoli neanche fossimo grandi amici da vecchia data!
Colgo qui l'occasione per confessare la mia più grande simpatia per questo paese e per questo popolo. Vedere come ti stringono la mano o ti abbracciano o si fanno abbracciare mentre si sta posando per una foto, dopo un'oretta appena di confidenze amichevoli reciproche, cose che da noi sarebbero travisate chissà con quanta malizia, francamente mi ha piacevolmente imbarazzato alquanto. Non so quanti quadretti del genere riusciamo a vedere dalle nostre parti. Alla fine del mio tour iraniano ho acquisito una mia convinzione su questo paese, ben lontana da quella comunemente trasmessa dall'informazione occidentale. Ho scoperto poi che la Lonely Plamet, Iran, esprime abbastanza bene questa mia stessa convinzione in alcuni suoi passi; non vi tedio molto, li potete leggere direttamente on-line (basta andare qui e fare clic su Indice, scegliendo poi Sezione 6 ).
Ci congediamo malvolentieri da questa bella famiglia e riprendiamo le nostre moto per fare ritorno a Quazvin. Visitiamo un ultimo posto che era nel nostro programma, il Lago di Evan, minuscolo, incastonato in una fertile vallata salendo per 8 km a nord di Mo'allem. Qui, nuovi incontri, nuove amicizie e simpatie. Purtroppo, nel ridiscendere, la moto ritorna ad andare di nuovo "a 1"!
Arrivo a destinazione dopo aver sbagliato strada (due di noi erano avanti, Giovanni si attardava per fare alcune foto); si era parlato infatti di rientrare da una strada diversa, io invece mi son fatta a ritroso quella dell'andata. Questa volta con uno spirito diverso. Spesso spegnevo il motore in discesa, per non affaticarlo troppo. All'arrivo, controllo l'olio: ne manca circa un quarto di litro!
E' chiaro a questo punto che urge prendere una decisione sul da farsi. Intanto ricambio la candela, utilizzando quella procuratami il giorno prima, e rabbocco l'olio. Decidiamo l'indomani di fare un "salto" a Teheran, Giovanni e io, a quell'indirizzo che ci aveva procurato il signore gentile a Masuleh; Marzio e Ettore avrebbero proseguito per Kashan, dove ci saremmo ricongiunti a sera.
Finiamo la giornata in una pizzeria che, almeno secondo le insegne, preparava "pizze all'italiana". Non ci crediamo ma ci fiondiamo dentro ugualmente. Le pizze sono buone, non certo "all'italiana" ma... quasi: questa volta il kebab, come condimento, non la fa da padrona.
In albergo riesco finalmente a parlare con Lina; è da un paio di giorni che subisco un black-out totale nelle comunicazioni, sia con internet (mail e skype) sia con il cellulare. Solo col telefono dell'albergo riesco a comunicare qualche parola rassicurante con la famiglia.